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“L’ANGURIA LIRICA”, una storia che già leggenda

L’anguria lirica è il titolo dell’incredibile libro d’artista litografato su fogli di latta r creato dalla perversa mente del futurista ligureTullio d’Albisola nel suo laboratorio savonese. Un’opera che ha ispirato poeti ed editori, fatto infuriare puristi, esaltato innovatori e che ancora oggi conserva un fascino inossidabile. Questa la scheda sintetica dell’opera:

“L’anguria lirica”, ideatore ed editore Tullio d’Albisola, suoi anche i testi.
La copertina e i 12 disegni a colori sono di Bruno Munari, oltre a un ritratto in nero di Nicolay Diulgheroff.
Prodotto e assemblato nello storico stabilimento della “Lito-Latta” di Zinola (Savona), nel 1933, in soli 100 esemplari. I fogli, litografati in lamierino sottilissimo, sono 21, misurano cm 15,5 x 19,5, peso complessivo del libro gr. 700.

LATTA

“Foglio di latta / mare donna assieme / lucidissima leggera / a chi vuole in vista / che sulla spiaggia / acquista del sole / dall’acqua d’argento / foglio di latta / abito da sera / della stessa signora / vestita di mare / e falso pudore / nascondente le gambe / liberamente già esposte / per oltre sei ore / foglio di latta / piantala in asso / e vola rivola / da sola in alto / riflesso quadrato di luce.”

Farfa
Poesia dedicata al “Capitano M. Cav. Vincenzo Nosenzio” proprietario dello stabilimento “Lito-Latta”

 

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Tullio d`Albisola – Albisola (Savona), 1899 – Albissola Marina, 1971

“Nato da una famiglia di ceramisti proseguo nella mia arte con grande fervore ed immensa passione, sicuro di marcare un indirizzo assolutamente nuovo nell`arte ceramica italiana. Niente che possa, anche lontanamente, ricordare le ceramiche vecchie, antiche o preistoriche. Voglio fare delle ceramiche che rovescino la tradizione. Forme policentriche, antimitative, meccaniche. Strati colorati, futuristi, violenti, abbaglianti, luminosi. Tecnica perfetta, ottenuta con materie locali, italiane, anche se povere, curandone accuratamente l`esecuzione.”

(Tullio d’Albisola)

Tullio d’Albisola, al secolo Tullio Mazzotti, è ricordato come l’artista che ha introdotto nel Futurismo un materiale come la ceramica ponendosi all`avanguardia della manifattura artigianale albissolese.

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Figlio e allievo di Giuseppe, maestro vasaio, nel 1929 Tullio Mazzotti frequentò il Corso Internazionale Universitario della Ceramica Medioevale e Moderna entrando poi alla scuola di Gaetano Ballardini. Nel 1930 scrisse una lettera-manifesto all`Albo degli Artisti Italiani di Milano in cui esponeva la sua idea di una ceramica artistica futurista. La sua adesione al movimento fu battezzata dallo stesso Filippo Tommaso Marinetti, che coniò per lui lo pseudonimo di Tullio d`Albisola. In quegli anni il giovane artigiano fu anche fotografo, pittore e compositore di versi futuristi, realizzando ceramiche, sculture in bronzo o alluminio, aeropitture e le celebri Litolatte – libri di latta con testi suoi e di Marinetti e con illustrazioni di Bruno Munari. Le sue realizzazioni furono esposte in numerose mostre in Italia e all`estero riscuotendo un notevole successo di pubblico e di critica. Nel 1934 terminò di costruire Casa Mazzotti, casa-laboratorio-negozio progettata dall`architetto futurista Nicolaj Diulgheroff (unico esempio di abitazione futurista giunto ancora integro al giorno d’oggi). Casa Mazzotti rappresentò negli anni una fucina di tecniche d`avanguardia nella modellatura della ceramica che furono sperimentate da numerosi artisti di fama internazionale. Al termine del secondo conflitto mondiale l`attività artistica di Tullio d’Albisola mantenne sempre una connotazione futurista nella pittura, ma si evolse invece verso l`informale nella scultura e nella produzione ceramica. Parallelamente a queste arti, coltivò anche la poesia scrivendo liriche e pubblicando libri di versi o piccole antologie di ceramiche con poesie d`introduzione. Casa Mazzotti è oggi sede della ditta Ceramiche Mazzotti e dell`archivio documentale di Tullio d`Albisola.

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Il libro futurista

Il Futurismo nasce dall’esigenza di sporcarsi le mani, calarsi nella realtà e riscattarla, rivendicando il sostanziale lirismo della materia stessa, senza mediazioni. Si riscopre la nascita della scrittura come legata all’impulso umano di penetrare e rendere sensibile la materia: nascono così le tavole parolibere prima e i libri-oggetto poi, capaci di investire tutti i sensi.

io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la nauseante concezione del libro di versi dannunziana, la carta a mano seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse e ghirigori, ortaggi mitologici, nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve essere l’espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che scorre sulla pagina stessa (Marinetti, 1913)

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Negli anni Dieci, il futurista Marinetti non si lascia tentare dal libro-oggetto. Nel 1915, alla proposta di Govoni di pubblicare le sue parole in libertà in un libro confezionato come un organetto, in modo da superare “le solite forme di mattonelle che ora caratterizzano i libri”, Marinetti lascia cadere il progetto. Il libro d’arte, e l’anti-libro come quello di Govoni, non rientrano nella sua visione editoriale, legata al rinnovamento tipografico.

La rivoluzione deve avvenire in tipografia, con gli strumenti della stampa, i caratteri, la carta col suo peso e il suo colore, l’inchiostro, la pagina, intesa non come schermo passivo e vincolato a rigide leggi d’armonia, ma, al contrario, vissuta come campo dinamico da utilizzare in funzione lirico-espressiva. La tipografia si emancipa, non più ancella della scrittura, è chiamata a svolgere un ruolo essenziale, nella costruzione di un’opera. Per questa impostazione il libro parolibero si propone come un organismo vivo, che implica il coinvolgimento attivo del lettore, chiamato a interpretare e decodificare il messaggio fatto di materiali linguistici verbali, fonetici, visivi. Svanita l’importanza dell’illustrazione intesa tradizionalmente come allegato posteriore al testo, tutti gli aspetti visivi si risolvono nell’ambito della scrittura.

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I libri di Marinetti – Zang Tumb Tumb (1914) è il primo libro parolibero, e le prime tavole parolibere pubblicate da Lacerba rappresentano gli incunaboli di un’intesa attività sperimentale che investe il movimento futurista, ma in cui sono coinvolte anche altre avanguardie. Lacerba (Firenze 1913-15) raggiunse una diffusione straordinaria per un periodico sperimentale. Altri tentativi, di minore fortuna, furono L’Italia Futurista (Firenze 1916-18), L’Almanacco dell’Italia Veloce (Milano 1930), Campografico (Milano 1939), rivista tecnica che cerca di applicare la lezione sperimentale delle tavole parolibere alla dimensione pubblicitaria.

Di Ardengo Soffici è BIF§ZF + 18 / Simultaneità e Chimismi lirici (Firenze, Edizioni della Voce, 1915), considerato esempio notevolissimo di sperimentazione, soprattutto per la splendida copertina a collage.

Soprattutto negli anni tra le due guerre i futuristi sono coinvolti in una riflessione sulla grafica, l’impaginazione dei volumi, le legature in cuoio (realizzate da Fedele Azari, Paolo Alcide Saladin e Cesare Androni) o in metallo (per Depero futurista), la diffusione del libro, la tipografia, la pubblicità.

Risalgono agli anni Venti e Trenta le più ardite sperimentazioni sui materiali da impiegare per costruire il libro. Il mito della macchina suggerirebbe l’utilizzazione del metallo, che però ha una limitata applicazione, per i costi e la scarsa praticità. Ma si stampano copertine in cui l’alluminio è sostituito dal cartoncino argentato – Alta velocità di Alfredo Trimarco (1933) e lo specimen dell’Almanacco dell’Italia veloce (1930) – o da un sottile strato di colore argento su carta – I nuovi poeti futuristi (1925) e di Fortunato Depero Depero futurista / libromacchina imbullonato (Milano, Dinamo-Azari, 1927).

Uno dei capolavori dell’editoria d’avanguardia, per la varietà delle soluzioni grafiche e l’inventiva che cattura il lettore, pagina dopo pagina, in un percorso di incessanti sorprese, è il Depero futurista. Stampato in formato rettangolare, tipo album, riassume tutte le trovate parolibere, con inchiostri e carte di differenti colori, tavole ripiegate che si aprono, giochi tipografici, ecc., presentando una rilegatura dinamo, ideata dall’editore Fedele Azari: due grossi bulloni, con dadi e copiglie, tengono insieme i fogli.

Poche copie sono inoltre rilegate con una pesante copertina metallica, imbullonata, senza interventi grafici, con cui l’edizione acquista ancor più il carattere di libro-oggetto. (una copia di questo volume è conservata presso la Biblioteca Nazionale di Firenze

Con Numero Unico Futurista Campari (Milano, Ditta Davide Campari, 1931) Depero rivela interessi non solo economici, ma anche una consapevole volontà di costruire segni a livello urbano, in una diffusa creatività applicata all’esistente.

credo di essere fra i meglio in grado di valutare il genio lirico novatore di Fortunato Depero…in una edizione Dinamo-Azari, con una di quelle rilegature bullonate che facevano somigliare il volume allo sportello di una macchina sotto pressione (P. Buzzi, 1933)

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Nel 1931 Farfa stampa su un foglio di latta il poema-affiche Lito-latta (sincopatia disegnata in libertà), con al composizione grafica di Giovanni Acquaviva, realizzato sempre dalla ditta Nosenzo di Savona produceva scatole e lattine ad uso industriale. Lo stesso procedimento viene utilizzato per il primo libro di latta e primo libro-oggetto che è Parole in libertà futuriste tattili termiche olfattive di Marinetti, realizzato da d’Albisola, Lito-latta V, Nosenzo-Savona (Roma, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1932). D’Albisola, dopo aver scartato varie ipotesi di legature, fra cui la spirale metallica (usata da Munari nel Il cantastorie di Campari, 1932), sceglie di ripiegare i bordi interni delle pagine su fili di rame, perni di rotazione entro un tubolare di latta cromata, che funge da dorso. I componimenti sono stampati sul recto delle pagine, mentre sul verso è ripetuto un breve passaggio della lirica, evidenziato con scansioni geometriche e cromatiche di grande effetto.

Tacciato di freddezza e di esaltazione del mito meccanico, il libro svela una grande sapienza artigiana, soprattutto nella legatura e nelle ribattute dei margini, fatte a mano una per una. InIl poema del vestito di latte (Milano, Snia Viscosa, 1937) e in Il poema di Torre Viscosa(Milano, Snia Viscosa, 1938) Marinetti mette in atto una sorta di dramma dei materiali, con intervento di Bruno Munari. L’esperienza della lito-latta viene ripetuta con L’anguria lirica/ lungo poema passionaledi Tullio d’Albisola, illustrazioni di B. Munari e N. Diulgheroff, Lito-latta V, Nosenzo-Savona (Roma, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1934). Un altro importante momento di riflessione sulla sperimentazione di nuovi materiali nell’editoria è costituito dall’ideazione dell’Almanacco dell’Italia veloce, più volte annunciato, ma non realizzato, di cui tuttavia resta un programma (1930) con alcuni bozzetti di manifesti e locandine pubblicitarie, e un testo di Marinetti: avrebbe dovuto contenere anche “due pagine disco”, idea ripresa un paio d’anni dopo da Depero nel progetto del I° libro parolibero sonoro, rimasto inattuato, New-York film vissuto, per raccontare la propria esperienza nella metropoli americana. Questo specimen, che costituisce l’attuazione parziale delle innovazioni prospettate, propone una serie di soluzioni di grande inventiva: la copertina con carta metalizzata con il marchio editoriale a rilievo, in oro; la varietà delle carte, diverse nel colore, nella grana e nello spessore; gli inchiostri colorati; le pagine di cellofan con scritte, che creano un doppio livello di lettura, con effetti di trasparenza e sovrimpressione. Verso la fine degli anni Trenta prende piede l’idea di un superamento del libro, ritenuto da alcuni futuristi un contenitore troppo angusto per la poesia, che invece dovrebbe confrontarsi con nuovi mezzi e modalità di comunicazione. Ne è convinto il parolibero Escodamé, secondo il quale la lirica deve uscire dalla tradizionale pagina – destinata a un pubblico ristretto – per diventare murale e stradale.

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Attendiamo che le nostre poesie siano scritte sulle pagine azzurre del cielo dalle code fumanti degli aeroplani… (Escodamé, 1933)

L’ossessione futurista di calare la sensibilità soggettiva nella materia, per quanto votata al fallimento, rimane comunque l’estremo tentativo della ricerca estetica di vincere la frattura, tipica della cultura occidentale, fra gnosi e realtà. Nel momento in cui l’avanguardia cerca compromessi e si adatta ad applicazioni parziali delle sue istanze, acquista uno statuto diverso, diventa generico rinnovamento e si confonde con il modernismo.

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