Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda

Anni fa, a Milano, in una via un po‘ fuori mano, si trovava lo studio di un libraio agli inizi della sua carriera. La libreria era interna. Si suonava a un portone anonimo e si entrava attraverso una porta stretta; tutto l‘ambiente era dimesso, ma bastava varcare la soglia perché il clima del luogo cambiasse magicamente.

La prima sensazione era all‘ olfatto. Ogni volta venivi accolto da uno squisitissimo profumo, un profumo di dolci: vaniglia, cioccolata, marmellate, cialde, bigné. Li sentivi tutti, anche se non li vedevi mai; perché era il retro di una pasticceria artigiana l‘origine di tanta delizia.

La seconda sorpresa era visiva. Il piccolo cortile ospitava una magnifica magnolia dalle foglie lucide e dai fiori carnosi e, a mezza altezza sopra la pasticceria, un balcone lungo e stretto, che a sé solo, era uno straordinario giardino. Rose, glicine, gerani, fiori di vetro, petunie, un ciliegio, un alloro, tutto era mischiato in assoluta libertà , ma con grande maestria e con tale rigoglio e abbondanza che mi chiedevo sempre come potesse farcela, l‘ignoto giardiniere, nel poco spazio, nell‘aria di Milano e nella mezza luce del cortile. Grande amore suppongo, e forse, i profumi del pasticcere.

Le edizioni più rare di Gadda le trovai tutte lì, nella libreria dal cortile incantato, tanto che ormai, per me, l’ Ingegnere è associato al profumo dei dolci ““ gli avrebbe fatto piacere perché ghiotto lo era di sicuro ““ e alla magia di un balcone esuberante. Credo anche che non sia un caso se i libri di Gadda sono legati a ricordi personali. Tutta la sua opera è un ricordo, pochi altri scrittori si sono tanto affidati alla memoria per scrivere, per attingere materia da interpretare, tradurre in metafore e similitudini e linguaggio. Perciò per parlare delle sue edizioni userò le sue lettere: a Ugo Betti, a Tecchi, al cugino Gadda Conti, agli amici milanesi. E’ Gadda che parla di Gadda e dei libri suoi. àˆ una buona guida, precisa e sempre vivacissima.

Le lettere a Ugo Betti dal 1919 al 1930 sono preziose per seguire gli inizi di Gadda. Tutti e due alpini, avevano subìto Caporetto e, catturati insieme, erano stati tradotti a Celle, lager presso Hannover, da qui l‘amicizia continuata anche negli anni a venire.

Gadda, congedato nel 1919, aveva ripreso e finito gli studi di ingegneria al Politecnico di Milano, allora con sede dietro piazza Cavour, dove è ora il Centro Svizzero. “Ho preso la laurea il 14 Luglio 1920, ho fatto stampare 100 biglietti da visita con su ‘ingegnere elettrotecnico’ e mi sono subito impiegato, sempre per via del manzo a lesso” (14-9-20). “Io, ingegner fantasia, con penisole e promontori nelle lettere, scienze, arti, varietà , con tumori politici ed annichilimenti dopo i pasti, mi occupo ora dell‘assestamento di alcune centrali elettriche e ho a che fare con rampini, tubetti, valvoline, pezzetti di maiolica, ferretti, filuzzi, vetrini, scatolette, barili d‘olio ultra bisunto”(6-4-21).
Poi l’avventura sudamericana: “Mi sono lasciato ‘corrompere‘ dall‘idea americana. E’ però un corrompere di natura un po‘ speciale. àˆ il desiderio di conoscere, di vedere, di studiare e anche un po‘ di operare, fra genti diverse. Se resisterò bene ““ se andrò a fondo ““ peggio per me. La Società  che mi assume è la Compagnia General de Fosforos di Buenos Aires”.

In Argentina Gadda pubblica il suo primo scritto letterario. E’ una recensione a Il Re pensieroso, libro di liriche di Betti, stampato da Treves nel 1922. La recensione appare sulla rivista “Patria degli Italiani”, il 20 aprile 1923, firmata: “ingegner Carlo Emilio Gadda”.

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Il lavoro d‘ingegnere, però, non mantiene le promesse: l‘ambiente non è così interessante, le frequentazioni scarse, la scontentezza insita nel carattere di Gadda è già  all‘opera. Nel 1924 rientra in Italia, ed è a Milano. Riprende gli studi di filosofia all‘Università  Statale e, allo stesso tempo, insegna matematica e fisica al liceo Parini. Decide anche di partecipare al concorso Mondadori per un romanzo inedito. Il suo primo approccio al romanzo produce l‘incompiuto, e inedito allora, Racconto italiano di ignoto del novecento.

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La tregua, però, dura poco: i lavori ingegnereschi lo tirano da tutte le parti. Nel 1925 Gadda è a Roma, impiegato alla Società  Ammonia Casale nella costruzione di impianti di ammoniaca in vari paesi d‘Europa. Ma il rapporto tra la professione d‘ingegnere e gli interessi letterari comincia a capovolgersi. Se dapprima la letteratura era vista come disordine, bohème, ora è l‘ingegneria che rischia di esser perdita di tempo, e possibilità  tolte alla vocazione vera di scrittore: “La sera, tardi, esco stanco dall‘ufficio dopo aver messo a posto un numero inverosimile di tubi che fanno dei garbugli inimmaginabili [“¦] In Roma imperiale non mi trovo malaccio, sebbene la cucina al burro sia difficile da ottenersi, perché questi moriamazzati prediligono l‘olio [“¦] Adesso devo progettare dei pentoloni per fare il solfato ammonico che è una sorta di letame, ma dall‘aspetto pulito del sale: questi pentoloni pesano più d‘un elefante perché sono di piombo e devono andare in Russia” (Lettere a Betti, febbraio 1926).

Il 1926 è un anno importante per Gadda, perché segna l‘inizio della sua collaborazione a Solaria con gli Studi imperfetti. àˆ il primo passo verso rivista e casa editrice che pubblicheranno le sue prime opere. Inoltre, il pensiero di lasciare gli impieghi per la letteratura continua a emergere: “Sto pensando di lasciare definitivamente questa vita di adultero, che mi assicura un pane; e di fare uno di quei colpi di testa che fruttano il più delle volte una revolverata nel cervello. Attraverso un periodo terribile di lotta, di vigliaccheria, di paura, cercando una liberazione che mi permetta di fare la mia vita. Ma, se socchiudo gli occhi per pensarci, vedo davanti a me la soffitta, le scarpe rotte, via i bottoni, il pane presso la fontana ““ e ciò mi fa terribilmente paura, perché i miei gusti vigliacchi sono per gli spaghetti alle vòngole, le fragole al marsala, e buone scarpe”.

Poi, il 4 novembre del 1927, ““ giorno di S.Carlo ““ la decisione: “La mia crisi intima, eterno mal di ventre, si è recentemente risolta in un atto pazzesco: ho dato le dimissioni dalla Società  in cui mi trovo, per vedere di incanalarmi sulla miserabile via delle lettere più o meno belle”.

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Oltre a “Solaria” Gadda collabora alla “Fiera Letteraria” di Umberto Fracchia e cerca di entrare alla “Lettura del Corriere della Sera”. Nel febbraio del 1928 è a Milano: “Un guasto allo stomaco. La riparazione durerà  parecchi mesi, ma forse potrò lavorare un po‘ per conto mio”. In aprile chiede a Betti: “Volevo chiederti se conosci qualche editore-mecenate disposto a finanziare il mio primo libro ““ novelle, frammenti ““ di circa 300 pagine. Pare che costi 3.000 Lire. Io ne sborserei 1.000. Solaria risponde che sono in magra”. E’ questo il primo accenno alla pubblicazione di La Madonna dei Filosofi. Il cammino sarà  però lungo, difficile, pieno di ripensamenti e ritorni al passato. Passano due anni tra malattie, contatti a vuoto, qualche collaborazione, una prima stesura di una parte di quella che sarà  La Meccanica. Nel 1930 è di nuovo a Roma, ha ripreso con la Società  Casale, i libri sono in sospeso. In una delle ultime lettere a Betti appare, come grottesca fantasia, la visione del suo funerale, rivelatrice della sua esasperazione, ma anche della sua sicurezza di scrittura e anticipazione di stile: “Al funerale ci sarà  probabilmente uno scheletrito cavallo, con gualdrappe nere argento, paraocchi e pennacchio nero: il quale, lì per lì, non si capirà  bene cosa possa simboleggiare. Ad ogni passo del comatoso quadrupede il pennacchio gli oscillerà  su quella testa carcassa, vuota d‘ogni immagine: e dagli occhi velati gli verrà  fuori una specie di marmellata di susine: sulla serpa avranno issato un cocchiere ottantenne con una feluca neroverde per lunghe acquate novembrine [“¦] Questo funerale potrebbe riuscire insomma una cosa molto decorosa: qualche signora potrebbe tentare una piangiutina [“¦] qualche semizio o ex-cugino si sarà  provveduto d‘una cravatta nera [“¦] Ci saranno forse anche degli erbaggi e qualcuno ‘dirà  due parole di saluto‘ belando un‘adeguata porzione di luoghi comuni in italiano-naviglio, con trenta o quaranta errori di grammatica al massimo”.

Nonostante il periodo di nevrosi e fatiche, Gadda insiste nella sua idea di pubblicare un volume. Però l‘aiuto sostanziale all‘uscita de La Madonna dei Filosofi non venne da Betti, ma da Bonaventura Tecchi.

Tecchi, scrittore e germanista, è amico di Gadda fin dai tempi della prigionia in Germania. àˆ lui che aiuta Gadda a entrare in rapporti con Solaria e quindi con Bonsanti e Carocci, i due direttori. Non solo, è lui che partecipa concretamente al finanziamento dell‘edizione. Già  dal 1929 Gadda gli scrive: “Con Carocci si è combinato il volume. E ciò, devo dirtelo, grazie anche al tuo generoso intervento, dopo aver sentito Parenti decisi di accettare il tuo intervento per L. 500, io espongo L. 1500, con che si raggiungono le 2.000 lire necessarie alla stampa del volume: 212 pagine ‘in toto‘”.

In realtà , da quest‘annuncio passeranno quasi due anni di va e vieni prima della stampa, poi la riuscita “Carissimo Venturino, il mio libro è finalmente uscito e il mio primo pensiero è stato quello di mandarti un vivo grazie per tutto. Ti ho fatto inviare una copia con una modestissima dedica, che non dice quanto vorrei. Ma a Firenze ti prego di farti dare una delle sei copie in doppio-guinea e di tenerla come mio ricordo”.

La scheda bibliografica del volume dice: La Madonna dei Filosofi, Firenze, Edizioni di Solaria, marzo 1931; l‘edizione originale è in 200 esemplari numerati, dei quali i primi 10 su carta doppio-guinea; in più è stampata una tiratura fuori serie riservata alla vendita.

La storia dell‘edizione vede un rapporto con Solaria, in particolare Carocci, attentissimo da parte di Gadda, preciso fino alla pignoleria : “Bisognerà  ora rivedere molto accuratamente le bozze, perché gli errori sono molti dal lato tipografico, curando l‘ortografia e la punteggiatura. Ti prego perciò di metterti d‘accordo con Bonsanti che si era cortesemente offerto per la revisione e la correzione. Io sono in un periodo tremendo, terremotato”.

“Ti sarei grato di raccomandare a Parenti perché la stampa e l‘impaginatura siano accurate. Quanti esemplari si fa? Nel contratto è detto 1.000 dei quali 800 in vendita e servizio stampa, e 200 costituenti l‘edizione originale”. “Forse ci sarà  la dedica del volume: si tratterebbe di una signora. Ti sembra opportuno o no, dato che ci sono espressioni talora un po‘ scabrose ?” (Lettere a Solaria, 11 gennaio 1931).

Con la pubblicazione de La Madonna dei Filosofi Gadda inizia la sua storia letteraria. Ma, ovviamente, non in modo lineare, né indolore. Nel 1932 è a Milano, scrive per l‘”Ambrosiano” articoli e recensioni, cerca altri sbocchi, ne trova pochi. Nell‘estate è in Brianza all‘odiato Longone. Di lì scrive al cugino Piero Gadda Conti: è venuta a maturazione una delle solite burrasche. Non mi è evidentemente possibile, dal lato economico, tirare avanti così, data la francescana parsimonia dei vari Ambrosiani che si lasciano imbrattare dalla mia penna. Sicchè, dopo molto e doloroso recalcitrare, esaminato ancora una volta il mastro e riconosciuto tutto l‘orrore della partita, ho finito con l‘accettare una nuova ‘corvée‘ con l‘animo del bue che va al macello” (10 agosto 1932). E’ l‘impiego al Vaticano.

“Mi sono goduta tutta l‘estate petrosa di Piazza S.Pietro, in un perenne stato di fradicità  sudorifera [“¦] Il posto di ingegnere che attualmente occupo ““ per meglio dire è lui che occupa me ““ è in uno ‘Stato Estero‘ avente la superficie di zero virgola otto chilometri quadrati. E’ stato un grave errore accettarlo, ne sono già  amaramente pentito[“¦] Dovrei occuparmi della luce, dell‘energia, dei termosifoni, delle latrine, dell‘acqua, del gas di questo Stato. Se una latrina si intoppa sono io che devo correre”.

Strano che un curioso come Gadda non nomini mai la parola Vaticano accanto alla definizione di Stato. In realtà , nota Gadda Conti, l‘impiego in Vaticano avrebbe potuto essere quasi una sinecura per Carlo. Ma il problema non era nelle cose, “estaba en su cabeza”, Gadda non sarebbe stato lui se avesse accettato l‘idea del placido cugino.

 Nel 1933, dopo una prima parte dell‘anno molto incerta, nell‘autunno è di nuovo a Roma e scrive a Piero: “Si è inaugurata la centrale elettrica, ho indossato il frak: tutto ciò mi ha estenuato. Scomparsi i nuvoloni neri del frak ti mando un affettuoso saluto”.
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Il 1934 è l‘anno del Castello di Udine. “Dopo ‘La Madonna‘ ho pubblicato altro e fra un mese circa uscirà  un mio volume, il 2°, intitolato ‘Il Castello di Udine‘: sono scritti di guerra e di viaggio e due novelle e qualche altra cosa. Ha una specie di introduzione piena di porcherie brutali e non lo potrò quindi offrire alle signore. Costa 11 lire.” (Lettere agli amici, 7 aprile 1934, ad Ambrogio Gobbi).
Le difficoltà  economiche di Solaria permangono, ma con l‘aiuto di un autofinanziamento di 1.000 lire il libro esce nell‘aprile del 1934, edizione originale di 150 esemplari numerati, di cui 20 su carta doppio guinea.
 Alle solite cautele ed esortazioni tipografiche si aggiungono gli incerti della censura, per “alcune espressioni troppo licenziose [“¦] nella prefazione un ravvicinamento tra la donna e il verro, altrove una frase in cui sono citati i coglioni”. Oltre a Carocci, a Parenti è Gadda stesso che si attiva al Ministero e ottiene il nulla osta: “Il libro potrà  essere venduto, letto, mostrato, barattato, insomma adibito a tutti gli usi a cui può essere adibito un libro, compreso il ritorno al macero” (Lettere a Solaria).
L‘uscita del Castello è definita da Gadda stesso l‘unica nota positiva di un anno travagliato. Positiva davvero, soprattutto per la vincita del premio Bagutta, fortemente voluta da Bacchelli, 5.000 lire molto apprezzate, ritratto sul Guerrin Meschino: “Il Bagutta 34 mi è parso ed è stato di fatto la buona sovvenzione della patria al mio strano viaggio nell‘oceano delle lettere. Il riconoscimento ormai supera i meriti e mi impegna a lavorare”(“Quadrivio”, anno V, n.12).

Dal 1934 in poi Gadda si avvia sempre più alle lettere. Le sue condizioni, materiali e morali, sono sempre presentate come molto difficili. Lo sono soprattutto per il suo “mal de vivre” endemico. Dopo il 1935, lasciato il Vaticano, si è stabilito a Firenze: “Sono scappato a Firenze per lavorare un po‘ e per fare economia”. Poi nel 1936 la crisi per la morte della madre, con tutto il groppo dei conflitti e dei sensi di colpa. A Firenze frequenta scrittori e pittori che si riuniscono al caffè delle Giubbe Rosse. Nel 1937 ricade in un impiego; sarà  però un lavoro a breve: “Lavoro elettrotecnico a Roma e a Napoli, durante un‘estate torrida per conto di un tirchio novarese, ma è una combinazione provvisoria, per i primi di Dicembre sarei libero” (Lettere a P.G. Conti, novembre 1937).

Nel gennaio del 1938 è di nuovo a Firenze e manda notizie alterne: “Io qui me la passo discretamente”¦ camera d‘affitto presso un‘ebrea tedesca che vuole accalappiarmi [“¦] il grande Eusebio (Montale) è di umore variabile, ma, in complesso, buono, ogni articolo su Betti lo mette in allarme, come un cane che si desti udendo un passo nella notte e aguzzi le orecchie. Tremore, sudor freddo, aumento delle pulsazioni cardiache. Poi è riconsolato da una stroncatura [“¦] Non ne posso più delle Giubbe Rosse e non ci vado mai: all‘infuori di Montale quelle dieci cariatidi che stanno a scarabocchiare i tavolini con un‘aria di faraoni eternizzati mi fanno venir la rabbia [“¦] in dieci ordinano un caffè ogni due giorni”¦ quanto a me son riuscito a liberarmi del mio padrone novarese come un Laocoonte fortunato che riesce a liberarsi del serpente”¦ assaporo la gioia di essermi tolto il verme solitario del Longone, con Resegone sullo sfondo e odor di Lucia Mondella nelle vicinanze. Ma poi mi prende tristezza grande (come direbbe quel fesso di Panzini)”.
Dal 1939 al 1940 la guerra incombe, ma la vita non cambia molto: “La città  è buia alle dieci e si dà  il naso nei passanti. Lampadine a pila, azzurrate, come lucciole. Ci sono Montale ingrugnato, la Mosca ospitale, il conte Landolfi giocatore pazzo, il Luzi, il Bigongiari, mentre Carlo Bo fa il soldato a Genova, con facoltà  di lettura di Malebranche in fureria. Verso sera la solita seduta alle Giubbe Rosse (ora bianche con controspalline rosse) dove il Poeta siede, in tre sedute (mattutina, vespertina e serale) quattro ore al giorno da tredici anni a questa parte, senza essere ancora morto di noia. Poi si mangia riuniti nella bettola di Bruno, col Poeta, col Conte, coi minori, col Rosai enorme, con tutte le gomita sulla tavola, col grifo nel piatto, orrendi intingoli e miserandi pezzi di palombo ed infinita fagioleria” (Lettere a P.G. Conti, luglio 1940).
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Nell‘area della letteratura, Gadda collabora a riviste di attualità  e cultura e nell‘estate del 1939 fa uscire le Meraviglied‘Italia, dedicato alla madre, prima edizione, Firenze, Parenti, luglio 1939, 355 copie su carta doppio guinea, 50 copie su carta comune fuori commercio. L‘avvio del volume è difficile: “Prevedo che sarà  un fiasco completo. Finora non ne hanno comprato nemmeno mezza copia. Ciò che, del resto, non mi importa un fico secco” (lettera a S. Guarneri, 1939).

E’ di questo periodo poi, l‘inizio dei falsi annunci di supposti libri di Gadda: La Cognizione del dolore, previsto in volume nel marzo del 1938, Le favole di Gadda, per le edizioni Primi Piani del 1939, un volume alle edizioni della Cometa nel 1942, Guanda che nel 1943 presenta La bizza pedagogica del Capitano Rufus. E’ un fenomeno questo, che non si attenuerà  negli anni del dopoguerra, anzi, i garbugli si infittiranno.
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Intanto, nel 1943, esce presso Parenti l‘edizione di lusso de Gli Anni, prima edizione, Firenze, Parenti, maggio 1943. L‘edizione originale si compone di 175 esemplari, numerati, su carta Cina e di 25 esemplari d‘autore fuori commercio. Allegati tre disegni di De Pisis raffiguranti figure di efebi. àˆ il primo libro illustrato di Gadda (il secondo sarà  Il primolibro delle favole, con disegni di Vucetich). Gli efebi di De Pisis erano in prima battuta destinati a una riedizione di lusso de Il Castello di Udine, ma, non andato in porto il progetto, passarono a Gli Anni.

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Quasi assieme a Gli Anni si approntano le copie de L‘Adalgisa. Disegni Milanesi, prima edizione, Firenze, Le Monnier, 1944, edizione originale di 1.000 esemplari numerati e 100 fuori commercio “L‘Adalgisa, stampata dal Le Monnier rappresenta il mio lavoro di due anni : mi ha valso 5.000 Lire per due edizioni. La prima, molto bella, uscì nel Dicembre del 43, non so se mi spiego” (in Gadda come va la vita, Milano, Garzanti, 1991).

Tra i libri di Gadda L‘Adalgisa è il primo di narrativa, il primo ad avere una seconda edizione ed è il terzo libro suo più venduto, dopo il Pasticciaccio e la Cognizione del dolore.
La guerra finisce, è il 1945, Gadda è tornato a via Repetti, lamenta uno stato malconcio, ma riprende il turbinio dei contatti con gli editori. àˆ la “giga infernale” come lui stesso la definisce: il Pasticciaccio, annunciato da “Letteratura”, undici anni prima dell‘uscita da Garzanti; Mondadori progetta nello “Specchio” Eros e Priapo, Il viaggio sidereo del capitano Gaddus e L‘incendio di via Keplero; Bompiani riferisce di un contratto firmato per vent‘anni, tutte le opere, anticipo versato; e ancora Sansoni, Vallardi, Einaudi.

Gadda vuole inseguire tutto, pubblicare tutto, preso dalla frenesia del dopo-guerra; risultato : un guazzabuglio a non finire senza pubblicare niente. Ovviamente si sfoga: “Nessuno sa nulla di me, dici. E’ una snobistica mania degli amici che non fanno che spettegolare sul mio conto dalla mattina alla sera, col deretano insediato su una ‘cadrega‘ delle Giubbe. Sto sempre in via Repetti 11, piano 3°, in una povera e bombardata soffitta: col coinquilinato forzoso di rompicorbelli piccinini e puntigliosi (piccola borghesia toscana : la razza peggiore tra quanti bipedi impidocchiano la crosta ignomignosa del globo)” (Lettere a P.G. Conti, 1945).

Le notizie sue degli anni 1947-1949 sono quasi tutte su questo tono. “Letteratura” chiude, Gadda cerca nuove collaborazioni, trepida per le elezioni del 1948: “I miei silenzi non hanno altra causa che la paralisi progressiva da cui sono stato preso per mano per essere condotto alla tomba : ciò fin dalla prima avvisaglia della Grande Maialata [“¦] sento che il silenzio sta per circondare definitivamente i miei timpani. Valetudinario, nevrastenico, ultramisantropo, desideroso di schiacciare a colpi di ciabatta i quarantasei milioni di mangia maccheroni [“¦] Presto avrai più analitico resoconto della mia vita, notizie sulla Repetti (via), su Firenze, sui Fiorentini e Fiorentine, sul mio lavoro, sul liber auspicato (quan l‘è che te scrivet el liber? El Gadda l‘ha srivù el liber? El Gadda l‘è drée a scrif el liber?)” (Lettere agliamici, 1948).
Finalmente nel 1950 una svolta: “Per il valido e prezioso intervento di amici, specie di Angioletti, ho ottenuto un incarico provvisorio alla RAI, cioè Radio Italiana. Devo lasciare la mia soffitta fiorentina e migrare a Roma. Ho trovato provvisoria dimora in camera d‘affitto col solito vedovame singhiozzante (una affrosa megera specie nelle ore mattutine) e con un cane puzzolente”. Il trasferimento di Gadda a Roma fu definitivo, il lavoro in RAI durò più a lungo di quanto prevedesse, trovò casa in via Blumenstihl 19 per gli ultimi 17 anni della sua vita.
E’ la terza e più importante fase della vita letteraria di Gadda. Il periodo tra il 1950 e il 1964 è quello di maggior successo, quello dei suoi libri più noti. Gadda sarà  famoso, riverito e premiato, ma naturalmente mai placato.
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Nel 1952 esce Il primo libro delle Favole, prima edizione, Venezia, Neri Pozza Editore, gennaio 1952. Sopracoperta con disegno di Mirko Vucetich, 25 disegni dello stesso all‘interno. Edizione originale di 1.250 esemplari più 60 su carta a mano; di questi 12 hanno i disegni colorati a mano dall‘artista. Libro contro tendenza, dato il clima neorealista, accolto anche da critiche: “Un libretto ruvido, pieno di porcherie, specie contro il Predappio e un po‘ scurrile. E’ solo per adulti maschi (Lettere a P.G. Conti, 1953).

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Ma nel 1953, le Novelle del Ducato in fiamme vincono il premio Viareggio, prima edizione, Firenze, Vallecchi, aprile 1953, stampata in 3.000 esemplari, più 55 copie numerate. E’ il primo vero successo di Gadda. Il premio Viareggio, ben più importante del Bagutta, fa conoscere Gadda a un pubblico più vasto. Giulio Cattaneo ne Il gran Lombardo riferisce le reazioni di Gadda al premio: “Stupende signore affollavano il giardino del grande albergo dove la cerimonia si è svolta, dalla mezzanotte all‘aurora. I fotografi hanno sostituito il sole fino alle quattro. Arrivavano a ondate, coronati di lampi come battaglioni all‘assalto. Mi hanno sparato ottocento colpi al magnesio. I rotocalchi hanno divulgato la mia faccia”.

D‘ora in poi, lasciata la RAI, suo ultimo impiego fisso, vivrà  con i proventi dei libri, degli anticipi e dei premi.
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Nel 1955 escono contemporaneamente Giornale di Guerra e di Prigionia e I Sogni e la Folgore. Il primo è edito da Sansoni, prima edizione, Firenze, maggio 1955; il secondo da Einaudi, prima edizione, Torino, luglio 1955.

I due libri non ebbero successo, in particolare Il Giornale: “Il volume lodato dai critici dal punto di vista della autenticità  della sofferenza, o della follia, o del crudo realismo è stato pochissimo venduto (55 copie in toto, in tutta Italia, secondo il rendiconto dell‘editore”. Ma pure la trilogia I sogni”¦ dal bellissimo titolo tipicamente gaddiano, tirata in 3.000 copie ebbe vendite scarse e lente.

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Il 1957 invece, è di nuovo un momento di grande verve. Esce Quer Pasticciaccio brutto de via Merulana, prima edizione, Milano, Garzanti, giugno 1957, sopracoperta a colori disegnata da Fulvio Bianconi. L‘edizione originale è di 5.000 copie, ma nel complesso il libro avrà  33 edizioni e raggiungerà  le 300.000 copie. I commenti di Gadda, a caldo, sono evidentemente soddisfatti, ma pieni di un‘ironia quasi scaramantica: “Ho avuto giorni infernali con l‘uscita del volume [“¦] ero sfinito, anche moralmente : non puoi credere cosa mi è costato di fatica e di pena l‘infernale pasticcio” (Lettere a P. G. Conti, settembre 1957).

 “Il mio libro mi ha messo in un mare di seccature, di flashes, di perditempi d‘ogni sorta. Sono diventato una specie di Lollobrigido, di Sofìo Loren, senza avere i doni delle due impareggiabili campionesse” (Lettere agli amici, novembre 1957).
Senza essere il miglior libro di Gadda, il Pasticciaccio sarà  la grande fama; tradotto in film, adattato per la televisione, porterà  Gadda a esser conosciuto in tutta Italia e anche all‘estero.
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Il culmine qualitativo dell‘opera di Gadda però, è il 1963. Einaudi pubblica la Cognizione del dolore il suo libro più importante. Ne esce prima un‘edizione fuori commercio, del marzo 1963, in 100 esemplari destinati ai giudici del Prix international de littérature che Gadda effettivamente vinse. In copertina, a piena pagina, il suo ritratto: “Io odio la mia immagine come un arabo, un ebreo o un iconoclasta : esco da un‘estenuante lotta con Einaudi perché non la riproduca su un libro mio che sta per uscire. Ma non c‘è stato verso : il libro uscirà  con la facciazza mia”(Lettere a P.G. Conti, aprile 1963). In seguito, però, la prima edizione in commercio della Cognizione vedrà  sparire la faccia di Gadda, sostituita con un particolare della Veduta della Villa Melzi d‘Eril alla Gazzada presso Varese del Bellotto.

Il successo è senza riserve, dal 1963 Gadda è autore come si dice oggi “di culto”, Einaudi e Garzanti sono in continua competizione per i suoi libri. Il segno più dimostrativo della sua particolarità  è il suo essere adottato, come autore principe del Novecento, dalla neo avanguardia del gruppo 63. Le sue posizioni, in contrasto ai valori tradizionali in letteratura, ne sono la causa.

Gadda non si arresta certo al 1963. Tutta una serie di opere seguono, dai Luigi di Francia del 1964 ai Racconti del 1965; da Eros e Priapo a Il Guerriero e l‘Amazzone“¦ del 1967; dalla Meccanica del 1970 alla Novella Seconda del 1971.

Gadda muore nel maggio del 1973, il lunedì 21. Naturalmente non solo non cessano le pubblicazioni di opere sue, postume o riedizioni, ma si moltiplicano. Il percorso attraverso i suoi libri è lungo. A pensarci bene è un cammino che non finisce, così come alcuni dei suoi libri non finiscono. Il perché, credo stia nel fatto che per Gadda vita e scrittura erano tutt‘uno. Sentiva il bisogno di spiegare la vita, sua prima di tutto e attraverso la sua, quella degli altri.
Se avesse potuto, non avrebbe smesso mai.

Hilarius Moosbrugger

Tratto da: Wuz n. 8, ottobre 2002

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