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Il termine “incunabolo” è utilizzato per indicare i primi libri realizzati a caratteri mobili e stampati tra la metà del XV secolo all’inizio del XVI (questi libri sono spesso definiti anche “quattrocentine”). Il riferimento a questo lasso temporale è stato individuato per comodità, potendosi definire come incunaboli anche libri di poco successivi al periodo di riferimento, ma aventi quelle caratteristiche che adesso avremo modo di individuare.

Innanzitutto l’incunabolo ha la caratteristica di non presentare un frontespizio (almeno fino a circa il 1480) . L’invenzione dei caratteri mobili, difatti, seppur avendo rivoluzionato il mondo della produzione libraria, non aveva cambiato gli standard sino allora utilizzati. Gli incunaboli, dunque, cercavano di replicare (o quantomeno imitare) i libri manoscritti, allora ancora molto diffusi e da molti preferiti. Come per ogni innovazione, difatti, anche per i libri a stampa c’è voluto del tempo affinchè le persone si abituassero all’idea di un libro che non fosse manoscritto, spingendo gli editori dell’epoca a voler conferire ai loro libri le sembianze di questi ultimi. Una situazione simile è quella attuale di passaggio dal libro tradizionale (da me preferito) a quello elettronico che tanto si sta diffondendo.

Come ho detto, dunque, l’incunabolo generalmente non aveva un frontespizio, creando in conseguenza non pochi problemi per individuare le varie informazioni che normalmente sono in esso riportate. A tal riguardo, se il nome dell’autore e dell’opera possono spesso essere individuati nell’incipit (prima dell’inizio del testo), ne note tipografiche sono talvolta reperibili nel colophon (quello che per i manoscritti era l’explicit) del libro.

Altre caratteristiche peculiari degli incunaboli consistevano nell’utilizzo di contrazioni ed abbreviazioni, nella suddivisione del testo in colonne, nell’inserimento di note a margine, nonchè nell’utilizzo di capilettera realizzati da artisti specializzati proprio in questo tipo di attività. Il tipografo lasciava lo spazio per il capolettera in bianco (spesso inserendo con caratteri molto piccoli la lettera che l’artigiano avrebbe poi dovuto disegnare.

Il più famoso incunabolo, e forse più in generale il più famoso libro, è la c.d. Bibbia di Gutenberg (denominata anche per il numero di linee in cui ogni pagina era stampata B42 – bibbia a 42 linee), realizzata nei primi anni 50 del XV secolo e da molti considerata come il primo libro realizzato a caratteri mobili. Vi sono pochi esemplari completi esistenti al mondo, e la maggior parte di questi sono in possesso di istituzioni pubbliche. Alcune biblioteche hanno messo a disposizione su internet una versione digitale della Bibbia di Gutenberg, nel caso in cui foste interessati potete fare riferimento al sito della British Library ed a quello del progetto Gutenberg Digital dell’Università di Gottingen. Seguite le indicazioni (in inglese e tedesco) per trovare la digitalizzazione del libro.

Altro famoso incunabolo è il romanzo Hypnerotomachia Poliphili pubblicato da Aldo Manuzio nel 1499, noto per il carattere utilizzato (c.d. Aldino, fatto realizzare da Francesco Griffo su commissione di Manuzio stesso) e per la chiarezza tipografica. La parola Hypnerotomachia è composta dai termini greci hypnos (sonno), eros (amore), e machia (lotta), per cui letteralmente il significato del titolo dovrebbe essere “combattimento amoroso in sogno di Polifilo”. L’opera fu pubblicata in forma anonima ma si ritiene posas essere stata scritta da vari autori, tra i quali forse lo stesso Aldo Manuzio, Leon Battista Alberti, Giovanni Pico della Mirandola, Lorenzo de Medici e Francesco Colonna. Il libro narra le avventure di Polifilo alla ricerca della sua amata, Polia. E’ possibile trovarne una versione digitalizzata nel sito del MIT.

Diego Manzetti

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