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La carta ha origini lontane, non solo nel tempo ma anche nello spazio. Nel 105 d.C. Ts’ai Lun informa l’imperatore della Cina di aver fabbricato un nuovo materiale adatto alla scrittura, usando solo “vecchi stracci, reti da pesca e scorza d’albero”.

La tecnica era davvero rivoluzionaria perché si basava sull’idea di intrecciare fibre ottenendo così un materiale leggero, economico e resistente. La scoperta varca ben presto i confini della Cina: gli scritti buddisti si diffondono in Giapppne grazie al monaco Dokio, e insieme ai testi si diffonde anche il nuovo materiale su cui sono scritti; ben presto i giapponesi diventano essi stessi abili fabbricanti di carta. Nel 750 d.C. un prigioniero cinese, cartaio di professione, insegna agli Arabi la tecnica di fabbricazione, che tramite questo popolo si diffonde in Spagna per poi arrivare, attorno all’anno 1000, in Italia.

Prima della carta

Prima dell’ invenzione della carta molti materiali erano stati usati come supporto per la scrittura: argilla. legno, osso, bambù. papiro, pergamena. Non erano però di grande praticità, essendo ingombranti, fragili, difficili da adoperare e da trasportare. Il papiro, in particolare, ebbe notevole diffusione tra gli Egizi. Si ricavava dalla parte interna del fusto di una pianta di papiro: veniva tagliato in strisce sottili che venivano poi stese verticalmente. una accanto all’altra. Un secondo strato era poi disposto in modo perpendicolare al precedente. le fibre così sovrapposte venivano compresse e seccate e assumevano l’aspetto di un vero e proprio foglio. I fogli di papiro erano però molto fragili e non potevano I formare un libro, che si sarebbe rovinato con l’uso.

Amalfi, Venezia, Prato, Cividale del Friuli e Fabriano sono state le sedi delle maggiori cartiere, e nei secoli hanno perfezionato la tecnica di fabbricazione, rendendo la carta più resistente e più bianca.

La stampa

L’evoluzione tecnica riceve una forte spinta con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, che richiede quantità di carta sempre maggiori, tanto che in Italia alla fine del 1600 vengono emanate le prime leggi che vietano l’esportazione di stracci e di altri materiali utilizzati nella fabbricazione di questo materiale, ormai considerato prezioso e insostituibile. Prima che il legno cominci a essere impiegato a questo scopo passeranno però quasi due secoli. Solo nel 1845 Keller scopre il nuovo ingrediente. La miscela composta da segatura e pasta di stracci viene perfezionata da Voller qualche anno più tardi, e finalmente inizia la produzione industriale della carta. S’inaugura così l’era della produzione in serie del libro, che permette di stampare un numero elevato di copie a costi contenuti, con grande vantaggio per la diffusione della cultura. Con il legno si riescono a sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla macchina “continua” inventata già nel secolo precedente da Louis Robert che, a considerevole velocità e bassi costi, produce un nastro continuo largo 60 centimetri. Da allora i progressi non si contano: innovative tecnologie di produzione, migliore qualità, costi sempre più ridotti e quantitativi di produzione enormi hanno conferito a questo materiale il ruolo insostituibile che oggi ha nella vita di tutti.

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La lunga marcia della carta

Il merito di aver inventato la carta è attribuito ad un cinese, Ts’ai Lun, che nell’anno 105 d.C. informò l’imperatore di aver trovato il modo di fabbricare, «con vecchi stracci, reti da pesca e scorza d’albero », un nuovo materiale scrittori o di agevole impiego e di basso costo, tale cioè da essere alla portata di tutti: la carta, chiamata in cinese «Tche ». A Ts’ai Lun furono resi grandi onori dalle autorità e dal popolo che ogni anno bruciava incenso dinanzi alla sua statua.

Prima della meravigliosa invenzione di Ts’ai Lun il pensiero dell’uomo veniva graficamente trasferito sui materiali più diversi: dalle foglie alla corteccia degli alberi, dalle tavolette di avorio e di bambù a quelle di argilla, dalle lastre di bronzo o di piombo alle tavole di pietra. Materiali piuttosto scomodi, in verità, e che finiscono per lasciare quasi completamente il posto, in Cina, alla seta e, nelle civiltà medio-orientali e mediterranee, alla pergamena (pelli, opportunamente conciate, di pecora, vitello o montone) e al papiro (i cui fogli erano ottenuti incollando le une alle altre striscioline sottilissime di tessuto vegetale asportate longitudinalmente dal fusto dell’omonima pianta). La seta, la pergamena e il papiro erano senz’altro più maneggevoli. Non c’era bisogno del punteruolo o dello scalpello, per scrivere, ma erano sufficienti una penna o un pennellino. Potevano inoltre essere raccolti in rotoli o, meglio ancora, essere rilegati in volume, consentendo così anche la formazione di biblioteche e di archivi di agevole consultazione e di spazio relativamente limitato.

Seta, pergamena e papiro avevano però il gravissimo difetto di essere molto costosi e producibili solo su scala piuttosto limitata. Ben si comprende pertanto come l’odierna diffusione pella cultura e delle informazioni (nonché numerose altre attività umane in campo economico, commerciale, politico o più semplicemente della vita pratica d’ogni giorno) sarebbero inconcepibili senza l’invenzione della carta, la quale divide ovviamente il merito con la successiva, e complementare, invenzione della stampa a caratteri mobili.

I cinesi, primi costruttori della carta, riuscivano a fabbricarla in molti modi, partendo sia dagli stracci, sia dalla scorza degli alberi, sia dai germogli di bambù. Dal Celeste Impero, la fabbricazione della carta si diffuse, sia pur lentamente, verso Levante e verso Occidente. Il primo paese « beneficiario» fu il Giappone, ove l’invenzione di Ts’ai Lun giunse nel VI secolo d.C. attraverso la Corea, quale veicolo della religione buddista e della cultura cinese, per mezzo di un monaco di nome Dokyo. I giapponesi divennero presto abilissimi fabbricanti di carta, che ottenevano soprattutto dalla parte bianca -debitamente lavata, cotta e trasformata in pasta della corteccia di gelso.

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Nel 751 d.C. ad Atlah, sul fiume Tala’s, nel Turkestan, fu combattuta una grande battaglia tra gli arabi, in movimento espansionistico verso Oriente, e gli abitanti della regione, sostenuti dai Cinesi. Questa battaglia “merita di essere ricordata perché da un lato dischiuse agli arabi le porte dell’Asia Centrale consentendo loro di spingersi sino alle frontiere del Celeste Impero e dell’altro dischiuse alla prodigiosa invenzione di T’sai Lun, attraverso un cartaio cInese catturato sul campo e condotto prigioniero a Samarcanda, la via del Medio Oriente e, successivamente, del Mediterraneo e dell’Europa.

Gli Arabi assorbirono e svilupparono il metodo cinese per fabbricare la carta dagli stracci e lo portarono in Spagna e in Italia, intorno al 1000 d.C. Dieci secoli sono stati necessari alla carta per valicare la Grande Muraglia, attraversare le montagne e le steppe dell’Asia Centrale, i deserti dell’ Arabia e dell’ Africa settentrionale e giungere sino a noi. La lentezza di questo cammino millenario, che sembra oggi quasi inconcepibile, è però compensata dalla relativa rapidità con cui la fabbricazione della carta si diffuse nel nostro continente e dai notevoli progressi tecnici apportati dai cartai europei, sotto lo stimolo di una civiltà più pratica, più dinamica, più innovatrice di quanto non fossero le civiltà orientali, essenzialmente contemplative, statiche e conservatrici.

In Italia si ebbero ben presto numerose cartiere. Famose, tra le altre, quelle di Fabriano, delle quali si fa menzione per la prima volta in documenti fabrianesi del 1283, scritti su una carta di fabbricazione locale che testimonia l’elevatissimo livello tecnico già raggiunto in quel periodo. Cartiere esistevano allora anche a Prato, ad Amalfi, a Venezia, a Cividale del Friuli eà in altri comuni. Recentemente, come si apprende da una interessante monografia sulla storia della carta, pubblicata qualche anno fa e curata da Carlo E. Rusconi per le Cartiere Burgo, il ritrovamento di un documento veneziano del 1292; ha svelato l’esistenza, prima ignorata di una fabbrica di carta nella città di Modena.

Ai cartai italiani spettano non pochi meriti nel processo di perfezionamento della produzione. Essi meccanizzarono la molitura degli stracci (che veniva prima eseguita manualmente), introdussero la collatura dei fogli con gelatina animale (anziché con colle e succhi vegetali), crearono e regolamentarono i diversi tipi e formati di carta e, infine, introdussero nella fabbricazione della carta la «filigranatura» dei fogli.

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Nella seconda metà del 1200 furono infatti prodotti in Italia, per la prima volta nel mondo, dei fogli di carta contrassegnati da un ornamento caratteristico, ben visibile soprattutto in trasparenza: la «marca d’acqua» o « filigrana». Il piano delle «forme » quadrate o rettangolari, che servivano a trasformare in fogli di carta l’impasto ottenuto a partire dalla molitura degli stracci, era costituito, presso i carta e italiani, da fili metallici tesi (i cinesi e gli arabi usavano invece lamelle di legno o di metallo). I cartai poterono osservare che ogni deformazione di questi fili, accidentale o fatta ad arte veniva fedelmente riprodotta nel foglio« finito ». Nacquero così, e si diffusero rapidamente in Europa, le «filigrane », che servivano da contrassegno del fabbricante o del cliente cui la carta era destinata: troviamo così tra le filigrane stemmi araldici ecclesiastici, emblemi di associazioni di corporazioni o di imprese com merciali, simboli religiosi e persino amuleti e segni zodiacali, destinati evidentemente a consumatori superstiziosi.

Dopo la scoperta dell’ America, la colonizzazione europea di quel continente estese la fabbricazione della carta al Nuovo Mondo. Con la fondazione di una prima cartiera nel Messico (1575) ad opera degli spagnoli e  di una seconda in Pennsylvania (1690) ad opera degli olandesi, si conclude il viaggio della carta attraverso il mondo ed attraverso i secoli. In Europa, frattanto, la produzione cartaria registrava nuovi progressi tecnici e la carta si affermava ormai sempre più come merce di prima necessità, indispensabile alla vita e al progresso della società. L’invenzione della stampa a caratteri mobili, verso la fine del 1400, con il conseguente impulso alla diffusione della cultura, contribuì certo in misura determinante allo sviluppo tecnico e commerciale della fabbricazione della carta e alla ricerca di nuovi mezzi capaci di consentire una produzione più elevata, migliore ed a minor costo.

Fino alla fine del 1600, ad esempio, la molitura. degli stracci per la preparazione della pasta da mettere nelle «forme» venne fatta con batterie di magli. Ma le nuove macchine molitrici a cilindri rotanti muniti di lame metalliche,le «pile olandesi », così chiamate dalla patria d’origine dell’invenzione, permisero di migliorare la qualità della pasta, di variarne il grado di raffinazione secondo il tipo di carta da fabbricare e, soprattutto, di produrne in breve tempo notevoli quantità. Le «pile olandesi» entrarono in funzione per la prima volta nel 1672 e, nonostante le precauzioni prese delle autorità per conservare il segreto sulle particolarità tecniche delle nuove macchine, queste si diffusero rapidamente negli altri paesi d’Europa. Ma il più grosso ostacolo alla produzione «in massa» della carta era rappresentato dalla relativa scarsità degli stracci e cioè della materia prima. Scarsità che è ben documentata da una legge di Parma (1681) con la quale si vietava in modo tassativo l’esportazione e l’uscita dal territorio di stracci o di qualsiasi altro materiale interessante la fabbricazione della carta. Fu soltanto nel 1884, dopo che da più di un secolo si erano fatti studi sulla possibilità di sfruttare il legno quale materia prima di uso corrente (come del resto avevano già fatto i Cinesi e i Giapponesi nell’antichità), che Friedrich Keller riuscì ad ottenere la carta di una miscela contenente il 60 per cento di segatura ed il 40 per cento di pasta di stracci. Il metodo fu successivamente perfezionato da Voelter (1861). Quasi contemporaneamente era stata isolata dai vegetali la cellulosa (capace di conferire alla carta, più ancora che non la semplice pasta di legno, una robustezza ed un candore notevoli), ed erano stati messi a punto i metodi per produrla industrialmente.

La nuova, larga disponibilità di materia prima portò naturalmente alla ribalta della produzione mondiale i paesi ricchi di foreste e permise finalmente all’industria di sfruttare appieno le grandi possibilità offerte dalla cosiddetta «macchina continua » * per la fabbricazione della carta, che era stata inventata dal francese Louis Robert, collaboratore dei famosi tipografi e cartai Didot. Il primo esemplare di questa macchina è del 1799 e produceva, a velocità notevole e con basso costo d’esercizio, un nastro continuo della larghezza di 60 cm.

Queste, in breve, le pietre miliari del processo evolutivo della carta, quelle su cui ancor oggi si basa, sostanzialmente, la produzione di questa merce preziosa dalle infinite, impensabili applicazioni. Il vecchio Ts’ai Lun, dai lunghi baffi spioventi e dalla barba caprina, che ci piace immaginare,magari un po’ convenzionalmente, come un saggio dai modi cortesissimi, e sempre pronto a citare massime di Confucio*, non pensò certamente, 19 secoli fa, che ts’ai-ho-tche (e cioè la carta del buon Ts’ai, come la chiamarono i suoi compatrioti ) avrebbe fatto tanta strada fuori del suo Paese e sarebbe divenuta così importante per la vita e nella vita degli uomini.

da ‘Ecologia e carta’ di G. Stefanelli Ed. Paravia

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