Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

«Amo la vita così ferocemente, così disperatamente, che non me ne può venire bene: dico i dati fisici della vita, il sole, l’erba, la giovinezza:… e io divoro, divoro, divoro… Come andrà a finire, non lo so.»

[da Ritratti su misura, a cura di Elio Filippo Accrocca, Venezia, Sodalizio del Libro, 1960]

Nel Ventidue, «anno immerso nel secolo», l’anno in cui Mussolini va al potere, Pier Paolo Pasolini nasce, a Bologna, il 5 marzo. Il padre, Carlo Alberto Pasolini è ufficiale di fanteria, di antica famiglia ravennate, la madre, Susanna Colussi, è maestra elementare, di famiglia contadina originaria di Casarsa nel Friuli.

Durante l’infanzia e l’adolescenza, a causa dei continui trasferimenti del padre (ufficiale di carriera), si sposta prima a Parma, quindi a Belluno, Conegliano, Cremona e Reggio Emilia. Fondamentali rimangono i soggiorni estivi a Casarsa, «… vecchio borgo… grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana » — l’incontaminato, primitivo puro mondo campestre a cui sarà strettamente legato il suo esordio letterario e a cui emotivamente lo scrittore rimarrà legato per tutta la vita.

Dopo il liceo, nel 1939 s’iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, dove vive — scrive lo stesso Pasolini — «il grande periodo dell’Ermetismo, studiando con Longhi (1)… e vivendo ingenue relazioni letterarie con i suoi coetanei…»: gli amici Francesco Leonetti, Roberto Roversi e Luciano Serra.

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Nel 1942 pubblica a proprie spese un volumetto di poesie che suscita l’interesse di Gianfranco Contini, Poesie a Casarsa. La raccolta è scritta in dialetto friulano, in quella che per lui è «lingua pura per poesia»: in quel momento della storia italiana — motiverà più tardi inPassione e ideologia — «l’unica libertà rimasta pareva essere la libertà stilistica». In quello stesso anno, intanto, il padre — padre «antagonista e tirannico» con cui ha un rapporto conflittuale feroce e tragico — è prigioniero degli inglesi in Africa.

L’8 settembre del ’43 Pasolini fugge da sotto le armi e torna a Casarsa, dalla madre. «I rapporti tra madre e figlio — scrive Enzo Siciliano in Vita di Pasolini (Rizzoli, 1978) — furono sempre i più teneramente strazianti». L’«odore della povera pelliccia di mia madre è l’odore della mia vita». Su di lei — confessa il poeta — «tutta la mia vita è stata imperniata».

Dopo la fuga dalle armi, «ossessionato dall’idea di finire uncinato; ché così finivano nel Litorale Adriatico i giovani renitenti alla leva o dichiaratamente antifascisti», Pasolini trascorre i lunghi mesi dell’occupazione nazista nella cittadina friulana e nel vicino borgo di Versuta. Qui, in casa, con mezzi di fortuna, organizza una scuola gratuita per pochissimi alunni, mentre continua ad occuparsi del recupero del dialetto friulano con un gruppo di amici. Nel 1944 esce il primo di due quaderni intitolati Stroligut di cà de l’aga(2) — il primo documento dell’attività del gruppo che nel febbraio del 1945 fonderà l’Academiuta di Lenga Furlana.

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Delle privazioni, dei pericoli, degli amori omosessuali, degli incontri, di quegli anni vissuti a contatto con la natura, Pasolini racconta in diari, in scritti autobiografici, e in abbozzi letterari rimasti allora inediti.

Nel maggio del 1945 riceve la tragica notizia della morte del fratello Guido (nato nel 1925). Partigiano nella divisione Osoppo legata al Partito d’azione, Guido Pasolini fu ucciso in un oscuro episodio «da mano fraterna nemica», ossia da gruppi di partigiani comunisti uniti agli svoleni che in quel momento intendevano annettersi il Friuli.

Nell’autunno di quello stesso anno, Pier Paolo si laurea con Carlo Calcaterra, con una tesi dal titolo Antologia della lirica pascoliana (introduzione e commenti). Sempre in quell’autunno, finita la guerra, torna dalla prigionia del Kenia il padre, oramai «reduce malato, avvelenato dalla sconfitta del fascismo,… distrutto, feroce, tiranno senza più potere». Il ritorno del padre, la morte del fratello e il dolore sovraumano della madre rendono questo periodo il più tragico della sua vita.

Nel frattempo, cominciano le pubblicazioni de «Il Stroligut», la rivista dell’Academiuta di Lenga Furlana e prosegue la sua attività poetica. Nel’45 pubblica le raccolte di versi in italianoPoesie e, per le Edizioni dell’Academiuta, I diarii e nel’46 I pianti. Gran parte dei versi scritti dal’43 al ’49 saranno raccolti poi nel volume L’usignolo della chiesa cattolica (1958). In dialetto friulano, invece, uscirà nel’49 Dov’è la mia patria e nel’53 Tal cour di un frut.

Pur continuando a vivere a Casarsa, attraverso vari viaggi a Roma, Pasolini comincia ad ampliare i propri contatti culturali.

Nel 1947, sulla nuova rivista dell’Academiuta, «Quaderno Romanzo», esce un suo intervento nell’ambito del dibattito sull’autonomia del Friuli. Il ’47 è anche l’anno della «scoperta di Marx» e della sua adesione al Partito comunista — ai suoi occhi strumento per «trasformare la preistoria in storia, la natura in coscienza».

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Dopo un periodo d’insegnamento nella scuola media di Valvasone, conclusosi con un processo(3) per corruzione omosessuale e con l’espulsione dal Pci, nel 1949 Pier Paolo, «come in un romanzo», fugge con la madre a Roma. «Per due anni — racconta Pasolini — fui un disoccupato disperato, di quelli che finiscono suicidi; poi trovai da insegnare in una scuola privata a Ciampino per ventisettemila lire al mese». Dopo quei «due anni di lavoro accanito, di pura lotta», aggravati per giunta dalla presenza del padre che nel frattempo li ha raggiunti a Roma, nel ’51 si trasferisce da piazza Costaguti, nel quartiere ebraico, a Ponte Mammolo, sulla Tiburtina, «in una casa restata definitivamente senza tetto».

Così Pasolini, anche con l’aiuto dell’amico Sergio Citti (4) — uno dei ragazzi conosciuti in borgata con cui lavorerà fino all’ultimo — scopre il popolo della periferia: la Roma delle borgate che diverrà lo scenario dei suoi romanzi di maggior successo.

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Nel contempo, però, comincia a entrare in contatto con gli ambienti letterari romani, con gli scrittori e poeti Penna, Bassani, Caproni, Gadda e Bertolucci. Allacciando, inoltre, uno stretto rapporto con il gruppo di intellettuali che si riunisce intorno alle riviste, «Il contemporaneo», «Paragone» e «Vie nuove», partecipa attivamente a iniziative editoriali, a polemiche letterarie, pubblicando testi di vario tipo.

Si accosta anche all’ambiente del cinema e con l’aiuto di Giorgio Bassani, partecipa alle prime sceneggiature cinematografiche: nel’54, per il film La donna del fiume di Mario Soldati; e l’anno successivo, assieme a Bassani, per Il prigioniero della montagna di Luis Trenker; mentre nel’57 collaborerà, come filologo per le battute in romanesco, alla sceneggiatura de Le notti di Cabiria di Federico Fellini.

Migliorata intanto la sua situazione economica, si trasferisce in un appartamento nel quartiere di Monteverde Nuovo. Prosegue nel contempo la sua produzione poetica: nel 1954 raccoglie tutti i versi scritti in dialetto, specie a Casara durante gli anni della guerra e del dopoguerra, nel volume La meglio gioventù. Al fitto lavoro di studio e riscoperta della tradizione dialettale italiana che accompagna la sistemazione di questa raccolta, sono legate due importanti antologie: Poesia dialettale del Novecento, scritta con M. Dell’Arco (1952) e Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare (1955). Alla poesia dialettale Pasolini tornerà poi solo nel 1974 con Seconda forma de «La meglio gioventù»,rifacimento della prima. La prima e la seconda forma della raccolta verranno infine pubblicate nuovamente nel 1975, con il titolo La meglio gioventù.

Nel 1955, con gli antichi compagni d’università, Leonetti e Roversi, fonda a Bologna la rivista critica «Officina» (5), che vede anche la collaborazione di Fortini, Volponi e molti altri critici e intellettuali militanti. In quello stesso anno dà alle stampe il primo romanzo, destinato a dargli il successo e la fama,Ragazzi di vita. Nel chiuso orizzonte degli anni Cinquanta il libro suscita accese polemiche e Pasolini viene incriminato per oscenità.

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Stringe intanto nuove amicizie, in particolar modo con Alberto Moravia, Elsa Morante e con l’attrice Laura Betti; e si fa protagonista di varie polemiche politiche e intellettuali. Nonostante la notorietà, tuttavia, Pasolini continua a trascorrere la maggior parte della sua vita «al di là del confine della città, oltre i capolinea». E il mondo del sottoproletariato romano gli ispira, oltre ad alcuni versi contenuti nelle raccolte di poesie Le ceneri di Gramsci (1957) e La religione del mio tempo(1961), un nuovo romanzo Una vita violenta (1959).

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A partire dal 1960 Pasolini passa dalla letteratura al cinema. Nel giro di pochi anni firma, oltre a varie sceneggiature, la regia di numerosi film, inizialmente di scarso successo, ma che comunque impongono la sua figura sulla scena pubblica, suscitando spesso scandalo e polemica. Nell’autunno del 1961 è vittima di una campagna diffamatoria e viene addirittura accusato di rapina a mano armata. La sua fama intanto si diffonde anche sul piano internazionale e le sue opere vengono tradotte in numerose lingue.

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Ai viaggi con Alberto Moravia in Africa e in India — da cui è nato L’odore dell’India (1962) — nel corso degli anni, seguono numerosi altri viaggi in tutto il mondo, soprattutto in Africa e nei Paesi islamici. L’attività cinematografica, inoltre, gli consente di allargare i suoi contatti con gli ambienti più diversi. Stringe amicizia con la grande cantante lirica Maria Callas, protagonista del film Medea, ma in molti suoi film fa recitare anche l’amico, il ragazzo di borgata Ninetto Davoli, quel “barbaro” innocente che per Pasolini incarna il mito della Roma assediata dai “barbari”, al sud-est della cintura urbana. E di alcuni film Pasolini è interprete egli stesso.

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Nel contempo, anche negli anni Sessanta, prosegue la sua attività di narratore, di poeta, di saggista e polemista. Nel’60 escono Roma 1950, Diario, Sonetto primaverile, Il sogno di una cosa (romanzo scritto tra il ’48 e il ’49) e Passione e ideologia (raccolta di saggi critici scritti tra il ‘48 e il ‘58); mentre nel ’64 viene pubblicata la raccolta di poesie Poesia in forma di rosa, cui segue nel’65 Alí dagli occhi azzurri (volume che raccoglie una serie di racconti e bozzetti).

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Nel 1964 grande risonanza ha il suo intervento sulla «questione linguistica»: la tesi da lui espressa nel saggio Nuove questioni linguistiche è criticamente controbattuta da filologi, linguisti, letterati, scrittori e sociologi.

Il 1965 segna l’inizio della sua produzione teatrale. Oltre alla stesura del Manifesto per un nuovo teatro (pubblicato nel 1968 sulla rivista diretta dal ’66 con Moravia e Alberto Carocci, «Nuovi Argomenti»), scrive e pubblica con tempi e modalità diverse una serie di sei «tragedie»: Pilade, Affabulazione, Calderón, Orgia, Porcile (legata all’omonimo film) e Bestia da stile.

I suoi numerosi saggi critici e interventi degli anni Sessanta sulla letteratura, il cinema e la lingua sono raccolti nel volume Empirismo eretico (1972); mentre una scelta di testi della rubrica di corrispondenze con i lettori tenute, da ’60 al ’65, su «Vie nuove», è contenuta nel volume Le belle bandiere, uscito postumo nel 1977.

Nel 1968 suscita scalpore e accese polemiche il suo clamoroso intervento poetico Il Pci ai giovani!!, con cui attacca duramente e amaramente il Pci e difende i poliziotti d’origine proletaria contro gli studenti, figli di borghesi e piccolo-borghesi. Nel 1971 dà alle stampeTrasumanar e organizzar, la raccolta di versi in cui si trovano già parzialmente svolti i temi dei suoi successivi scritti giornalistici.

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Negli anni successivi, infatti, s’intensifica notevolmente la sua attività di critico militante sui giornali e sulle riviste. Sul settimanale «Tempo» tiene dal ’68 al ’70 la rubrica Il caos, i cui interventi sono stati parzialmente raccolti nel volume postumo Il caos (1979); mentre sempre sullo stesso settimanale dal ’72 al ’74 curerà una rubrica di critica letteraria, la cui fitta serie di rigorose e nitide recensioni sono state pubblicate anch’esse postume in Descrizioni di descrizioni (1979).

Il vertice della saggistica provocatoria dell’autore è costituito, però, da due volumi: la raccolta di interventi apparsi su vari giornali dal ’73 al ’75, Scritti corsari (1975), e Lettere luterane,raccolta — uscita postuma nel 1976, ma già progettata con questo titolo dall’autore — di articoli pubblicati sul «Corriere della Sera» e su «Il Mondo» nel corso del 1975, fino all’intervento per il congresso del partito radicale, letto dopo la morte di Pier Paolo Pasolini.

In questi scritti, rivelatisi con il trascorrere degli anni profetici, Pasolini, come un «corsaro», eretico, solitario e controcorrente, si fa censore del costume nazionale, scagliandosi contro tutto ciò che sente inautentico. Contro il mondo borghese, il capitalismo e il neocapitalismo, la società di massa e il consumismo, il villaggio globale, la televisione, l’omologazione, la rivoluzione antropologica, il Palazzo (6), contro il Sessantotto, l’aborto, il divorzio, contro lo stalinismo e l’invasione dell’Ungheria…

Ferocemente e dolorosamente ripiegato in un pessimismo assoluto nei confronti della realtà violentemente degradata, Pier Paolo Pasolini, il corsaro dalla disperata vitalità, muore assassinato in circostanze oscure tra il I° e il 2 novembre 1975. All’alba del 2 novembre viene trovato ucciso in uno spiazzo polveroso, all’Idroscalo di Ostia, e per una raccapricciante fatalità, proprio nella periferia suburbana di Ragazzi di vita, di Una vita violenta e di Accattone.

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Pochi giorni dopo la morte, esce La divina Mimesis, singolare «riscrittura» dell’Infernodantesco; dopo di che negli anni seguenti vedono la luce numerosi altri suoi testi inediti, sparsi o incompiuti. Ricordiamo, per quanto riguarda la narrativa, Amado mio. Atti impuri (1983) ePetrolio (1992); per la poesia, Le poesie (antologia, 1975), Poesie e pagine ritrovate (1980),Poesie dimenticate (1980). Per quanto riguarda la saggistica e gli scritti giornalistici, oltre ai volumi già menzionati, sono usciti postumi Il sogno del centauro (1983), Lettere agli amici. 1941-1945 (1976), Lettere 1940-1954 (1986), Volgar’eloquio (1987), Lettere 1955-1975 (1988),Il portico della morte (1988), I dialoghi (1992), Antologia della lirica pascoliana (1993), Vita attraverso le lettere (1994), Interviste corsare (1995).

Le sorprendenti analogie nella vita, nell’opera e nella morte di Pasolini e Caravaggio, vengono trattate nell’articolo Dove l’acqua del Tevero s’insala.

Un abbozzo di esposizione del rapporto di Pasolini con i dialetti si trova nell’articolo La so storia a è duta lì, lavorà, preà, patì, murì

Nell’articolo L’anima e la carne, nella tensione tutta mortale dei personaggi dei film Il Vangelo secondo Matteo o di Una vita violenta, viene trattato uno dei drammi più violenti dell’uomo Pasolini.

La voracità con cui l’autore si nutre del reale, e ci si getta a capofitto — energico e vigoroso come un ragazzo che prende di petto un’estate e la vita — la vita come una lunga estate – viene analizzata nell’articolo L’estate, la sera. Atmosfere, luoghi, tempi in Pier Paolo Pasolini.

Nel saggio La filologia politica di Pier Paolo Pasolini, la proposta dello scrittore aggiunge un particolare nuovo al modello lirico italiano: la filologia come capacità di collegare i frammenti per poter indovinare, in mancanza di prove e indizi, i «nomi» dei «colpevoli».

NOTE

(1) È affascinato dai corsi di Storia dell’arte di Roberto Longhi.
(2)Stroligut” significa piccolo stregone o indovino, mentre “di cà de l’aga” significa al di qua dell’acqua. Il titolo indica la precisa localizzazione del dialetto adoperato, la sponda destra del Tagliamento.
(3) Pasolini fu assolto. Tuttavia, questo fu solo il primo di una lunga serie di processi (ben trentatré) che lo scrittore subì nella sua vita, segnandone il destino e il ruolo pubblico di «diverso», di emarginato e di ribelle. Lo scandalo divenne quasi un suo modo di essere esistenziale e politico. Come intellettuale di sinistra e come omosessuale, venne disturbato e aggredito anche da gruppi neofascisti.
(4) Sergio Citti fu per Pasolini il consulente dei gerghi malandrini, il suo «vivente lessico romanesco»; partecipò anche al suo lavoro nel cinema.
(5) Le pubblicazioni della rivista s’interruppero nel 1959 a seguito di un epigramma di Pasolini in morte di Pio XII.
(6) Termine usato da Guicciardini e rilanciato da Pasolini per indicare il centro occulto del potere economico e politico.

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