Giambattista Bodoni

Giambattista Bodoni

Giambattista Bodoni

Giambattista Bodoni nasce a Saluzzo (CN) il 16 febbraio del 1740. La sua è una famiglia di stampatori: il nonno Giandomenico aveva sposato la figlia di un tipografo, Vallauri, ereditandone la tipografia; il padre Francesco Agostino, tipografo, con una propria bottega a Saluzzo, aveva sposato una Giolitti, probabilmente una discendente di Giolitto De’ Ferrari, il capostipite di una famiglia di stampatori, attivi per più di centocinquanta anni a Trino Vercellese e Venezia.
Nel 1758 Giambattista Bodoni si trasferisce a Roma, dove, grazie anche all’interessamento del direttore Costantino Ruggeri, trova un posto nella Stamperia della Congregazione di Propaganda Fide. Questa congregazione naque sotto Gregorio XV con il fine di diffondere la fede cattolica. Per questo nel 1626 venne installata una stamperia che producesse libri in svariate lingue straniere (dal greco e il latino, al bulgaro, l’armeno, il persiano e moltissime altre) che fossero di aiuto ai missionari nei loro viaggi.

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A Roma il clima culturale, sebbene con qualche difficoltà, non è certo statico: all’interno della chiesa si discutono le posizioni gianseniste, che si vanno diffondendo anche fra alcuni esponenti di Propaganda Fide; il movimento romano di Arcadia è uno fra i più influenti. La formazione romana di Bodoni risente di questo clima, e dell’influenza di alcuni personaggi, quali il cardinale Spinelli, responsabile della congregazione, il suo collaboratore Paciaudi, e padre Giorgi, un frate agostiniano.
La stamperia è ricca di numerose serie di caratteri, in particolare quelli orientali. Grazie a questo fatto e alle lezioni di padre Giorgi, Bodoni si interessa alle lingue orientali, e riceve anche lezioni di ebraico. La sua passione per la produzione dei tipi e per le lingue orientali lo rendono la persona più adatta ad occuparsi della composizione del volume di padre Giorgi Alphabetum Tibetanum nel 1759, e nel 1761 di un Pontificale copto-arabo. Gli vengono anche affidati riordini di cassette di caratteri orientali particolari, che lo influenzeranno nel suo lavoro di incisore di tipi.

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Il 1768 è un anno importante per Bodoni, che viene chiamato dal duca Ferdinando a dirigere la Stamperia Reale di Parma, dove potrà finalmente dimostrare appieno il proprio talento. Sulle prime, ordina da Parigi sei dei tipi di Fournier, fra i migliori del tempo. Riesce poi a convincere il duca ad impiantare una fonderia a Parma, chiamando a dirigerla uno dei suoi fratelli, Giuseppe.
Bodoni si dedica quindi principalmente all’incisione di caratteri, sebbene debba seguire una grande mole di lavoro.
La prima opera di grande successo composta con caratteri da lui incisi e fusi sono gli Epithalamia exositicis linguis redditadel 1775, in venticinque lingue esotiche, preceduta, fra gli altri, anche da un manuale tipografico, Fregi e majuscole incise e fuse da Giambattista Bodoni del 1771.
Grazie all’esperienza parmense, la fama di Bodoni si diffonde nell’ambiente culturale, in particolare fra coloro che sono interessati alla produzione del libro. In molti lo vorrebbero per dirigere le proprie tipografie. Nel 1790 José Nicolas de Azara, ministro dello stato pontificio, gli propone di stampare una serie di classici. Bodoni dovrebbe lasciare Parma per Roma, ma il duca, pur di non lasciarlo andare, permette che i classici di de Azara vengano prodotti a Parma, inoltre gli concede di aprire all’interno del palazzo ducale una propria tipografia privata. I classici stampati per de Azara comprendono anche un’edizione di Orazio, Virgilio e Catullo.
La stamperia di Bodoni produce alcuni importanti lavori in lingue europee, fra i quali un’edizione in francese del teatro di Racine, e Il castello di Otranto di Horace Walpole in inglese. Inoltre stampa anche lavori di scrittori italiani, quali Vincenzo Monti con l’Aminta e Il Bardo della Selva Nera.
Le opere che vengono stampate da Bodoni hanno spesso il difetto di non essere eccessivamente curate e formalmente corrette, ma l’interesse per queste opere risiede per lo più nel modo in cui sono state stampate, e nella loro accuratezza dal punto di vista materiale. I caratteri hanno ovviamente un ruolo preponderante, tutta la composizione mira a metterli in evidenza. Ci sono quindi ampi margini, interlinee mai avare, spaziature ariose fra le parole che aumentano la leggibilità. La composizione è basata principalmente sul bianco e nero, sui diversi corpi dei caratteri, con poco colore, senza molte illustrazioni. I frontespizi non sono mai in minuscolo, sono ad asse centrale, con i piedi editoriali decorati da fuselli e filetti.
Il lascito di Bodoni è nel Manuale tipografico, pubblicato in varie edizioni: la prima è del 1788, l’ultima, postuma, viene pubblicata dalla vedova nel 1818, dopo la morte del marito avvenuta nel 1813. Nel Manuale si possono ammirare centinaia di caratteri diversi e l’arte compositiva del tipografo, qui e nelle sue edizioni vengono conservatele le caratteristiche e la bellezza del lavoro di Bodoni

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